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    Calcio, neuroscienze e complessità

    recensione alla Tesi FIGC di Claudio Albertini "Calcio, Neuroscienze e Complessità", Il contributo delle Neuroscienze e delle teorie della Complessità alla Metologia di Allenamento

    Neuroscienze e atti motori

    Senza voler alterare l'importanza a certe tematiche e a recenti scoperte scientifiche si ritiene di presentare le applicazioni nell'allenamento riportate da alcuni ma senza la pretesa di farne dei dogmi in quanto gli stessi ricercatori sono ancora restii nel dedurre conseguenze pratiche nette quindi è bene conoscere le nuove evidenze ma senza trarne conseguenze perentorie.

    • del gesto motorio il cervello riconosce le intenzioni (non i muscoli)
      • uno stesso gesto accende neuroni diversi solo perchè compiuto con finalità diverse
      • la specificità sportiva non riguarda solo la forma quanto più la sua finalità
    • i neuroni motori si attivano quando un gesto motorio:
      • è eseguito
      • è immaginato
      • è osservato (il cervello comprende e anticipa l'intenzione motoria altrui)
    • il cervello mappa lo spazio intorno a noi e lo codifica come:
      • spazio vicino (dove sono posti gli oggetti raggiungibili anche con strumenti esosomatici)
      • spazio lontano (dove sono posti oggetti fuori dalla nostra portata diretta)
    • l'apprendimento è un fenomeno neuroplastico consistente nel miglioramento della funzionalità sinaptica e strutturale che:
      • dipende dall'ambiente
      • si realizza tramite i neuroni specchio
        • per imitazione
        • per prove ed errori (cioè esercitandosi)
    • l'atto motorio è inconsapevole, automatico:
      • la coscienza diviene consapevole dell'atto motorio con un ritardo di circa 350 ms rispetto allo stimolo ambientale (Libet, 2007)
      • sotto pressione temporale è inutile agire sulla scelta consapevole mentre è utile:
        • allenare la rapidità di risposta motoria agli stimoli (100-150 ms)
        • migliorare l'idoneità della risposta agli stimoli tramite le esercitazioni situazionali (vedi Didattica del calcio)

     

    Questi principi confermano l'importanza dell'intenzionalità (e quindi del gioco e del compito assegnato in un determinato esercizio), della percezione della mappa spaziale (fondamentale per poter anticipare) e dell'assoluta necessità di sbagliare per poter apprendere.

     

    Complessità dei sistemi

    Classificazione dei sistemi:

    • semplice: composto da pochi elementi separabili e ricomponibili
    • complicato: composto da molti elementi comunque indipendenti
    • complesso ed integrato: composto da molti elementi interdipendenti e inseparabili

     

    Proprietà e principi dei sistemi complessi ed integrati:

    L’autorganizzazione è un processo fondamentalmente instabile che ha la capacità di riorganizzarsi di continuo e si basa su (cifr. “Auto-organizzazioni” di De Toni, Comello, Ioan) i seguenti concetti:

    1. la condivisione: tutti gli elementi del gruppo devono credere negli stessi principi su cui si basa l'auto-organizzazione altrimenti non si possono creare legami (seppur riconfigurabili) di integrazione (2)
    2. l'integrazione**: nei sistemi complessi si crea una debole (debole perchè deve permettere successive variazioni) relazione che spesso è inconsapevole, irreversibile (temporalmente procede solo in avanti, non all'indietro) e imprevedibile. Può riassumersi con la frase: non si può smontare e rimontare un gatto. L'integrazione genera inevitabile ridondanza (3) di risorse
    3. la ridondanza: l'eccesso di risorse (ad esempio la superiorità numerica in zona palla) favorisce un cambiamento, una riorganizzazione (4). Nel breve periodo tale eccesso di risorse appare come un prezzo da pagare ma nel medio lungo periodo l'evidenza mostra un ritorno netto
    4. la riorganizzazione: l'auto-organizzazione spontanea che procede dal basso (bottom-up) è in grado di generare una nuova organizzazione (5) (nuovo ordine, nuova struttura o nuovo comportamento) dotata di proprietà differenti dalla precedente
    5. l'auto-organizzazione: processo instabile basato su semplici (e deboli) regole di interazione condivise (1) tra i singoli  senza una necessaria direzione centralizzata da parte di un leader che consente al processo di ripartire

    I sistemi complessi mostrano alcune proprietà caratteristiche:

     

    • imprevedibilità: il processo non può determinarsi sulla base di calcoli. Piccole differenze nelle condizioni iniziali generano grandissime differenze nell'evoluzione del sistema (effetto farfalla)
    • emergenza di nuove proprietà: il tutto non è la somma delle parti ma un sistema con proprietà diverse
    • figura del facilitatore: il processo di auto-organizzazione sopra descritto può anche essere favorito da un leader (l'allenatore) a patto che non imponga regole e schemi prefissati ma, sulla base delle caratteristiche del sistema (i giocatori), sostiene la dinamica dei processi (top-down) generati dai giocatori che fanno le proprie scelte chiaramente sulla base di quei principi condivisi. Il facilitatore definisce in modo integrato solamente la strategia, la tattica e il modello (la struttura, la matrice) e quindi proponeo esercitazioni alternativamente situazionali (in cui corregge e rafforza) e globali (in cui osserva cosa accade) in cui i giocatori accumulano esperienze modificandosi in un ciclo vitale che l'allenatore deve sostenere, catalizzare ma non deve modificare.
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    ** I riduzionisti cartesiani la chiamano 'interconnessione' utilizzando un termine che serve a descrivere processi inanimati (quelli della rete per intenderci) per descrivere processi di organismi vitali. Lascio all'intelligenza di chi legge riflettere sul bias culturale che ha ormai pervaso le menti anche dei più creativi convinti che non ci sia distinzione tra vita e non vita e che, quindi, la non vita spiega la vita. Questa nota a margine, apparentemente di tipo filosofico, può servire da incentivo a perseverare nella propria ricerca continuando a riflettere senza lasciarsi influenzare dalla vulgata comune.

     

    Approccio

    • riduzionistico: (anche detto cartesiano, analitico, meccanicistico) consiste nello scomporre il tutto nelle sue parti e dallo studio delle parti risalire alle proprietà del sistema assemblato. Questo approccio è funzionale con sistemi semplici e inanimati ma soprattutto gli organismi viventi hanno dimostrato di non poter essere compresi attraverso questo approccio poichè la comprensione delle parti non ci dice niente delle proprietà del tutto. Questo approccio trova la sua espressione nell'allenamento a blocchi (vedi sotto) e considera:
      • l'ambiente partita come l'insieme separato delle regole, delle squadre, dell'arbitro, del campo di gioco, dell'attrezzo palla, delle condizioni meteo etc...
      • la squadra come l'insieme di singoli giocatori
      • il giocatore come l'insieme dei suoi organi e apparati (muscoli, cervello, etc)
    • sistemico: le proprietà dell'insieme possono apparire (ad un occhio competente) solo quando e solo perchè le parti interagiscono tra loro ma scompaiono se le parti si separano o vengono considerate singolarmente. Questo approccio trova la sua espressione nell'allenamento integrato (vedi sotto) e considera la partita, le squadre, l'arbitraggio e i giocatori come tanti sistemi di sistemi complessi e integrati l'uno con l'altro

     

    Allenamento

    • a blocchi: (anche detto a stazioni) deriva dall'approccio riduzionista e prevede momenti di allenamento specifico per l'una o per l'altra parte del complicato sistema organismo (muscoli, neuroni, tattica, tecnica, etc...) e considera la prestazione come la somma delle varie capacità da migliorare separatamente. Utilizza gli esercizi analitici per allenare e i test come strumento di previsione della prestazione. Ricorre anche ad esercitazioni individualizzate.
    • integrato: deriva dall'approccio sistemico ed esercita in parallelo tutte le componenti (fisiche, tattiche, tecniche ed emotive) dei vari sistemi complessi (sistema individuo, sistema squadra, sistema partita) non focalizzandosi sulle prestazioni ma sulle interrelazioni, sull'armonica integrazione tra le parti. Non concepisce interventi settoriali (sul singolo giocatore, sul singolo gesto tecnico, sul singolo muscolo, etc...) ma solamente globali o situazionali. Si ripete non ripetendo ma variando sempre qualcosa. Anche il semplice atto del camminare comporta un automatismo sempre diverso che si adatta di volta in volta all'ambiente che si affronta. Non concepisce i test come predittivi della prestazione (non a caso anche i più forti campioni talvolta sbagliano i rigori anche importanti e capita che segnino goal bellissimi giocatori molto meno famosi) e non ricorre ad esercitazioni individualizzate

    Non esiste un modo univoco per imparare a 'muoversi' in contesti complessi quindi imprevedibili: può esser fatto da ognuno in modo autonomo (con il gioco in piazzetta) ma anche sotto la guida di un facilitatore (gioco organizzato, cioè sport) competente. Quello che non deve mancare è l'esperienza diretta con l'ambiente complesso della partita. Per imparare a giocare a giochi complessi infatti bisogna giocarci. Più si farà esperienza diretta di situazioni complesse e più si potrà vivere attiviamente la stessa complessità. Invece di ridurre la complessità per mezzo di schemi rigidi bisogna fornire principi (scopi) e un linguaggio (non verbale) comune alla squadra in modo che sappia risolvere i problemi che via via incontrerà in modo condiviso e armonico.

     

    La didattica della complessità

    • negli esercizi di allenamento è necessario sollecitare nei giocatori le stesse intenzioni (neuroni specchio) che si vogliono veder replicate in partita
    • gli esercizi analitici in contesti diversi da quelli della partita attivano neuroni diversi da quelli operanti in gara e quindi le abilità allenate difficilmente saranno sfruttate nell'agone della partita
    • allenarsi in spazi ridotti e con un numero di giocatori limitato è solo propedeutico alla comprensione dei principi di gioco
    • le modalità di apprendimento per imitazione e per prove ed errori suggeriscono di lasciare che i giocatori facciano esperienza giocando il più possibile

    E' necessario allenare:

    • operando su spazi e densità di gioco specifici
    • a riconoscere le intenzioni del compagno migliorando la collaborazione reciproca
    • a riconoscere le intenzioni dell'avversario per anticipare i futuri sviluppi del gioco
    • nascondere agli avversari le proprie intenzioni (con la finta)
    • a risolvere problemi, facendo scelte (consapevoli o meno) in contesti complessi (imprevedibili) a causa della necessaria pressione da parte degli avversari
    • il cervello, non tanto il muscolo
    • a migliorare il gioco, non tanto la prestazione

    Modello di un allenamento

    • si parte con la partita libera o dagli errori evidenziati nell'ultima gara in cui l'allenatore si limita ad osservare per individuare le lacune
    • si fanno esercitazioni di tipo propedeutico per comprendere i principi di gioco o per colmare le lacune tecnico-tattiche in cui l'allenatore interviene guidando e correggendo
    • si fanno esercitazioni situazionali per consentire un adattamento neuromotorio specifico del gesto
    • si finisce con la partita libera in spazi e numero di giocatori reali in cui i giocatori devono esprimere tutte le abilità tecniche (gesti) e tattiche (scelte) comprese con il propedeutico e il situazionale l'allenatore deve anche qui come nella partita iniziale limitarsi ad osservare senza correggere

    In generale si sviluppano tutti i gradi di complessità all'interno di una singola seduta senza distribuirli lungo il corso della settimana

    Per approfondimenti, la didattica nel calcio

     

    Bibliografia: