L'alimentazione insieme all'epigenetica, al microbioma e allo stile di vita è una delle componenti che più influiscono sulla salute. Non esiste una dieta idealmente efficace per tutti anzi c'è una tendenza a personalizzarla. La ricerca scientifica ha determinato alcune linee guida ma di ordine molto generale. Le recenti evidenze microbiologiche nell'apparato digerente hanno trovato relazioni tra la salute e il microbiota, e quindi riaffermato l'importanza dei cibi che si assumono. Per meglio mantenerci in salute vanno usate modalità di coltivazione più naturali.
Il DNA umano è rimasto pressochè identico a quello degli ultimi 350.000 anni, quello che cambia più radipamente nel corso degli anni e mostra evidenti differenze tra le popolazioni umane è il microbiota. Recenti studi si sono concentrati a studiare le abitudini alimentari dei cacciatori-raccoglitori in cui erano assenti i cereali e i latticini e quelle dei primi agricoltori in cui la presenza di cereali e latticini era comunque limitata ed integrale. La cultura alimentare dei popoli occidentali si è invece omologata su standard opposti a quelli di una alimentazione crudista e vegetariana e che sono funzionali al business della GDO (Grande Distribuzione Organizzata). Anche la diffusa conoscenza del cibo naturale, di come conservarlo e prepararlo è andati quasi completamente perduta e il suo recupero appare molto complicato. Molti si nutrono in modo frettoloso, superficiale e spesso ignorando del cibo la provenienza, il tipo di coltivazione o allevamento. Verrebbe da chiedersi quanti carboidrati secchi, quante proteine e grassi animali assumere adatti al DNA che abbiamo.
Il bombardamento di messaggi fuorvianti è diventato molto subdolo focalizzando l'attenzione dei consumatori su cuochi e pentole molto meno sulla materia prima, evitando di avvisare sulle complesse relazioni con la salute di certi cibi. Gli stessi enti pubblici che dovrebbero essere preposti alla difesa della salute spesso non fanno niente per evitare abitudini alimentari pericolose:
- consumare i pasti principali velocemente e in ambienti stressanti
- consumare di cibi di provenienza lontanissima o fuori stagione
- riempirsi lo stomaco di cibo invece di nutrirsi
- aiutare aziende agricole che fanno largo uso di pesticidi e diserbanti
Riflettere sul rapporto tra cibo e salute è particolarmente complesso per noi che viviamo in aree inquinate, in cui l'agricoltura fa largo uso di inquinanti, produce cibi di scarsa qualità nutritiva con additivi, coloranti, conservanti oltre a trasformarli per renderli adatta alla GDO. La diffusione di cibi poco nutrienti e mode alimentari sembrano due facce della stessa inconsapevolezza.
In questo quadro poco rassicurante il corretto rapporto tra cibo e salute è difficile da ricreare. Anche gli addetti ai lavori sono talvolta irretiti da ricerche in ambito agroalimentare che apparentemente promettono cose interessanti ma nascondono anche effetti collaterali meno evidenti. Il grande pubblico è manipolato da messaggi contrastanti che fomentano paure verso alcuni cibi senza evidenziare che spesso il potere antinutritivo di molti di essi non è intrinseco dell'alimento ma è causato da sistemi di coltivazione, allevamento, trasformazione, conservazione e consociazioni pericolosi per la salute, permessi dalle normative e da linee guida lacunose che rischiano di peggiorare la percezione verso certi cibi. L'esempio della carne è emblematico: nell'immaginario colletivo non c'è differenza tra selvaggina, carne allevata allo stato brado, semibrado, a stabulazione con mangimi naturali o trattati o OGM o di origine animale, di importazione, macellata in azienda o fuori, medicalizzata o meno e si potrebbe continuare con tutti gli additivi, i conservanti, la frollatura, il tipo di carne, la refrigerazione, tutte variabili che cambiano le caratteristiche della carne e suggeriscono valutazioni meno superficiali rispetto al potere nutritivo che avrebbe.
Anche il tempo che in famiglia si può dedicare alla preparazione, al consumo e alla digestione dei pasti è sempre più scarso, così come i soldi disponibili per approvvigionarsi di cibo salutare sono sempre meno e l'aumento smisurato delle proposte alimentari sugli scaffali che spesso differiscono per dettagli insignificanti diventa spesso motivo di confusione invece che di libertà.
L'avvento della certificazione biologica nei primi tempi ha migliorato la qualità dell'offerta ma è pur vero che si tratta di un controllo del processo e non di una vera garanzia di qualità del prodotto oltre al problema della scarsità di controlli efficaci che gli enti preposti possono e riescono a fare per cui si assiste in alcuni settori agroalimentari. La stessa normativa consente l'uso di alcune sostanze chimiche che di certo sono in grando di alterare il microbioma dell'ecosistema. E' molto difficile riuscire a discriminare sull'adeguatezza e l'ecologia di certi trattamenti anche biologici, basti pensare che il cosiddetto trattamento al verderame che parrebbe un sistema compatibile con l'ecosistema in quanto distribuisce solo composti naturali, in realtà, alle dosi per cui viene tipicamente utilizzato altera seriamente il microbioma aereo e del suolo. La certificazione biologica è quindi condizione necessaria ma non sufficiente e quindi può essere trascurata e ignorata a patto che il contadino stabilisce un costante e solido rapporto fiduciario con i fruitori dei prodotti delle sue coltivazioni naturali a minimo impatto.
Chi vuole tornare a considerare l'alimentazione come un alleato e non solo un pericolo per la nostra salute deve tenere presente che a interagire col cibo ingerito e il nostro apparato digerente c'è un componente fondamentale troppo stesso dimenticato, il microbioma, cioè quel complesso genetico dei microrganismi che colonizzano ogni nostro distretto a contatto col mondo esterno, dall'intestino alle mucose genitali, alla pelle. Se gli studi sul microbioma sono ancora a uno stadio inziale invece quasi niente sappiamo del viroma umano cioè del complesso metagenomico di virus che vivono nell'intestino (più di 18.000 specie quasi tutte sconosciute) e che come i batteri e i miceti di certo hanno una funzione non solo negativa.
Sappiamo che il microbioma influenza la salute umana ma anche la nostra dieta (oltre all'età e all'origine della persona) a sua volta determina l'evoluzione genomica del microbioma stesso per cui quando mangiamo influenziamo non solo e non tanto la nostra espressione genica ma soprattutto quella del kilo e più di batteri che ci hanno colonizzato. Uno studio italiano sul microbioma dei bambini del burkina-faso e italiani ha dimostrato che nei primissimi anni di vita esso si adatta al cibo assunto in quanto quello dei bimbi africani era rimasto identico a quello degli elefanti erbivori anche dopo un periodo di permanenza in italia. Quindi il microbiota nativo è importatissimo perchè non sembra facilmente modificabile e in quanto esso connota la funzionalità del sistema immunitario.
Aggiungiamoci che chi è nato in alto agide non può esser nutrito come uno nato a lampedusa. Così come bambini che nascono in comunità religiose diverse avranno bisogno di stili alimentari diversi. Non è quindi pensabile di stabilire linee guida dettagliate uguali per tutti. Prima di dare consigli alimentari sarebbe semmai utile conoscere la composizione probiotica di ciascuno ed è tanto più importante quanto più si è sotto i 3 anni di vita. L'equilibrio microbico si può modificare da adulti e in vecchiaia a seguito di alcune malattie degenerative. Si parla quindi di equilibrio dinamico e di conseguenza anche l'alimentazione personalizzata non rimane fissa e immutabile nel tempo ma si deve adeguare ai cambiamenti impostigli dal proprio microbioma.
La materia prima è la base di ogni ragionamento sull'alimentazione. Essa va prodotta con tecniche sostenibili, ecologiche e senza interventi di sintesi o della chimica, va poi trasformata il meno possibile e distribuita e mangiata fresca per evitare la necessità di conservanti. Se si altera pesatemente il microbioma del suolo o del cibo stesso si creano i pressuposti per il proliferare di problemi futuri.
Dal punto di vista della produzione del cibo le aziende agricole d'eccellenza devono perciò risolvere i problemi che le limitano nel loro sviluppo di tecniche sempre più ecologiche, devono perciò trovare canali di vendita diretta verso le famiglie che sono già pronte per valorizzare cibo senza chimica, ormoni e antibiotici. Il lavoro di queste aziende di qualità è certamente più complicato ed è ostacolato da norme antiche pensate in base a concezioni dell'igiene e della salute che stanno velocemente lasciando il passo a una visione più corretta e completa dell'ecosistema in cui viviamo. Si pensi alle nuove frontiere di ricerca sul microbioma che hanno messo in crisi l'assioma microbo=pericolo e stanno utilizzando i microrganismi in modo ecologico e utile per l'uomo e la sua salute in tantissimi settori, agricoltura e zootecnia compresi.
Per avere cibo naturale è necessario però riportare i terreni agricoli alla loro fertilità naturale. La natura impiegherebbe molti decenni per rimediare ai disastri che l'agricoltura tradizionale e convenzionale moderna ha prodotto. Il coltivatore che applica le tecniche dell'agricoltura del non fare di Masanobu Fukuoka probabilmente impiegherebbe meno ma il problema è che l'uomo non si può permettere di aspettare i tempi della natura. Priorità assoluta è di smetterla con l'agricoltura convenzionale a base di pesticidi e trattamenti e applicare gli studi in grado di aiutare la natura a compiere questa 'bonifica'. Le tecniche che si pensa siano meno invasive sono quelle che fanno uso di microrganismi, del brf (cippatura) e della pacciamatura. Con tali sistemi acceleratori, ecologici al 100%, si covertono i suoli a fertilità naturale e stabile in tempi molto più rapidi, qualche anno appena e si ottengono rese importanti a fronte di costi di gestione irrisori. Le tecniche agronomiche o zootecniche per riportare la qualità del cibo alla sua naturalità esistono, basta volerlo. L'operazione è assolutamente fattibile e conveniente a patto che si abbia in mente l'obiettivo ben chiaro di lavorare in accordo con la natura e non contro di essa.
In un paese come l'Italia esistono competenze e risorse umane per riportare in tavola cibo naturale. Manca una rete che faccia da collante per tutti gli attori di questo processo di ricostruzione ambientale, agricolo, alimentare e della salute. Bisogna costruire questa rete solidale che abbracci gli aspetti ecologici e ambientali, quelli alimentari e della salute e quelli economici e sociali. Una volta rinnovato o ricostruito questo patto tra campagna e città sarà nuovamente possibile pensare al cibo in modo sereno e utile e da quel momento in poi non lasciamoci più sfuggire di mano la situazione. Avere sulle nostre tavole cibo naturale è un diritto troppo importante per lasciare che ad occuparsene siano solo gli addetti ai lavori.
Il risultato di queste nuove conoscenze ha dato nuovo slancio per iniziative come quella del GAS di Cibo in salute. Si tratta di ripartire da metodi di coltivazione e allevamento naturali per tornare a produrre cibo salutare. Senza una materia prima adeguata è abbastanza velleitario pensare che cuochi e ricette ci possona dare più salute.
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